Il 26 gennaio sono state presentate a Roma le linee guida per l’autismo che raccomandano alle Regioni, come unico strumento terapeutico, l’adozione della tecnica neo-comportamentale ABA (Applied Behaviour Analysis) derivata dal metodo Lovaas. Nella metodologia utilizzata dal panel sono stati presi in considerazione unicamente gli studi appartenenti all’ambito neo-comportamentale a favore del metodo ABA, soprattutto in Scozia e negli Stati Uniti, escludendo tutta la bibliografia riguardante approcci diversi sia delle stesse nazioni che di altre. Sono state, quindi, escluse tutte le esperienze cliniche italiane ed estere che si rivolgono all’individuo nella sua complessità e che utilizzano metodologie diverse per validare i propri studi.

Da ciò deriva, ovviamente, il fatto che in ambito clinico si imporrà l’attuazione di una sola linea di trattamento senza possibilità di scelta né da parte del paziente, né dell’operatore. Tale posizione unilaterale, totalmente carente sia sul piano scientifico che su quello clinico, non appare adeguata ad affrontare un problema complesso come quello rappresentato dall’autismo e non tiene conto della pluralità che anima lo scenario culturale.

Appare irrispettoso, oltre che scorretto, escludere dal dibattito tutti gli approcci diversi da quello neo comportamentale, definendo scientifico il solo metodo preso in esame perché utilizza strumenti di tipo quantitativo e parcellizzato che consentono più facili catalogazioni. Senza entrare nel merito delle carenze riscontrabili nella metodologia utilizzata e apprezzando comunque l’intento di fare un po’ di luce su una situazione clinica tanto discussa, è doveroso riaprire il dibattito per includere i recenti risultati della ricerca nell’ambito della psicologia dell’età evolutiva che pongono l’affettività alla base dello sviluppo cognitivo e per consentire a tutte le autorevoli voci scientifiche italiane di esprimere la propria posizione teorica e clinica in materia di autismo.

E’ inoltre fondamentale affrontare e non eludere il problema della diagnosi per poter accertare la reale presenza del disturbo, le sue diverse manifestazioni e la gravità della sintomatologia all’interno della disomogenea categoria dei disturbi dello spettro autistico. Ciò al fine di identificare l’intervento più proficuo in base alle potenzialità del singolo bambino e non agli strumenti dell’operatore e per definire realmente l’efficacia della terapia, tenuto conto che modalità diagnostiche non omogenee non consentono conclusioni scientifiche adeguate. Se non si apre un dibattito che favorisca un confronto tra i vari approcci teorico-clinici, si assisterà all’esercizio di un monopolio che minerà alla base la libertà dell’operatore di scegliere la cura in base al proprio orientamento e alla gravità del disturbo, e quella del paziente di condividere il progetto terapeutico.

In riferimento a tutto ciò, viste le dichiarazioni rilasciate da molti esponenti del mondo scientifico e in considerazione di tutti gli anni che la nostra formazione, sia pur nella sua diversità, ha richiesto, abbiamo deciso di non far passare inosservato tale avvenimento e di chiedere lo stesso rispetto per tutte le altre linee di pensiero che tanto hanno contribuito all’evoluzione di costrutti teorici e al raggiungimento di risultati clinici.

Tale unità di intenti, che sappia andare oltre la singola specificità per garantire un approccio completo all’individuo, si rende necessaria in questo momento storico non solo per l’autismo ma anche per tante diverse patologie che si troverebbero ad essere affrontate con la stessa unica tecnica validata con la medesima modalità. Per avviare il procedimento di riapertura delle linee guida si richiedono, dunque, i consensi di tutti coloro che, pur nella specificità della propria formazione, riconoscono la centralità degli affetti, delle emozioni e della relazione nello sviluppo e nella strutturazione di una patologia tanto complessa.

Per aderire alla petizione basta inviare un’email all’indirizzo ufficiostampa@ortofonologia.org

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